Fin del mundo, principio de todo

Non sono una viaggiatrice bulimica; ho sempre fatto pochi viaggi lunghi, ho preso un solo volo intercontinentale nella mia vita, non sono mai andata a trovare le mie amiche negli Stati Uniti, non sono mai stata negli Stati Uniti, in generale. Non ho mai visto Berlino né il Nord Europa.
Ho, nei confronti dei viaggi, una sorta di ansia da prestazione, tipica di chi non è abituato e deve trovare sempre una motivazione forte per partire – non basta la curiosità, non basta la nacessità, non basta la scusa delle vacanze – e se non ho quel momento preciso in cui mi viene in mente di raccontare qualcosa, penso irrimediabilmente che quel viaggio non mi sia servito, non ne abbia abusato.

C’è un viaggio che ricorderò per sempre, fatto nell’agosto del 1990, con i miei genitori nell’allora Cecoslovacchia – avevo otto anni, non ero consapevole di niente, non avevo idea di che cosa volesse dire la Caduta del Muro di Berlino – di cui ho memoria più di altre vacanze fatte a vent’anni, perché ci sono delle percezioni, dei volti, delle strade che stavano modificando il mio modo di vedere il mondo. Stavo aprendo la porta dell’Est, in una immaginaria cartina politica del mondo in cui io ero in piedi in Italia, la mia mano stava aprendo una porta, la prima, enorme porta e qualcosa stava significando. L’ho scoperto molto dopo cosa, ma non importa, perché avevo delle cose da raccontare, domande di bambina che non si spiega come mai dei maestri d’orchestra fossero così felici di suonare in strada, invece che nei teatri oppure perché non esistevamo Mc Donald’s e le persone sembravano povere, ma non come i poveri che vedevo a casa, accasciati a un lato della strada, no: poveri nei vestiti o nelle scarpe ma riposati, come se avessero appena tirato un sospiro di sollievo. Non sapevo niente dei motivi, sapevo solo che stavo assistendo a qualcosa. Ed era eccitante.

Tra pochi giorni prendo il mio secondo volo intercontinentale, abbiamo fatto i passaporti e indossiamo entrambi una maglietta rossa, lui ha letto la guida da capo a piedi, io dei romanzi da capo a piedi, faremo il giro delle sette case, come fossero chiese, andiamo a vedere i pinguini e le cascate: insomma, andiamo in Argentina, fino alla fin del mundo, principio de todo, che basterebbe, da solo, a motivare un viaggio. (Figurarsi un viaggio di nozze.)

Mi porta in capo al mondo, ha detto.